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Materiali per Operatori del Benessere Immateriale
Aforismi e pensieri di Sigmund Freud
Introduzione

1. La scoperta della “rimozione”

Sigmund Freud (1856-1939), dopo la laurea in medicina - conseguita a Vienna nel 1881 -, studia per un breve periodo anatomia cerebrale. Successivamente si dedica allo studio delle malattie nervose, prima con Charcor a Parigi e poi con Bernheim a Nancy. Tornato a Vienna, Freud nel 1895 pubblica insieme o Josef Breuer gli Studi sull'isterismo, dove si sostiene che il soggetto isterico, in stato ipnotico, riesce a tornare all'origine del trauma, illumina quei punti oscuri che durante la sua vita hanno generato la malattia e che sono nascosti nel profondo; è così che egli afferra la causa del male e che, in una sorta di catarsi, si libera del male. Esattamente da questi studi ha inizio la psicoanalisi.

L'ipnotismo svela delle forze e fa intravedere un mondo nel quale Freud immette le sue sonde intellettuali. “quale poteva essere la ragione - si chiede Freud - per la quale i pazienti avevano dimenticato tanti fatti della loro vita interiore ed esteriore e potevano invece ricordarli, quando si applicava loro la tecnica sopra descritta?” L'osservazione dei malati trattati dava una risposta a siffatto interrogativo: “Tutte le cose dimenticate avevano avuto, per un qualche motivo, un carattere penoso per il soggetto, in quanto erano state considerate temibili, dolorose, vergognose per le aspirazioni della sua personalità”. E “per rendere di nuovo cosciente ciò che era stato dimenticato, era necessario vincere nel paziente una resistenza mediante una continua opera di esortazione e di incoraggiamento”. Più tardi, Freud si accorgerà che tale resistenza dovrà essere vinta diversamente (attraverso la tecnica della “associazione libera”), ma intanto era sorta la teoria della rimozione. In ogni essere umano operano tendenze, forze o pulsioni che spesso entrano in conflitto.

La nevrosi si ha quando l'Io cosciente blocca l'impulso e ad esso nega l'accesso “alla coscienza e alla scarica diretta”: una resistenza “rimuove” l'impulso nella parte “inconscia” della psiche.

2. L'inconscio

Con la scoperta delle rimozioni patogene e di altri fenomeni di cui si parlerà fra poco, “la psicoanalisi (...) si vede costretta (...) a prendere sul serio il concetto dell'inconscio”. È l'inconscio che parla e si manifesta nella nevrosi. Ma c'è di più, giacché, per Freud, l'inconscio è lo “psichico” stesso e la sua realtà essenziale. In questo modo Freud rovesciava l'ormai inveterata e venerabile concezione che identificava “cosciente” e “psichico”. Ma sia la precedente pratica ipnotica, sia gli studi sull'isterismo, sia la successiva scoperta della rimozione, sia le indagini che Freud veniva compiendo sulla genesi dei disturbi psichici e delle altre manifestazioni “non ragionevoli” della vita delle persone lo convinsero sempre di più della realtà corposa e determinante dell'inconscio. È l'inconscio che sta dietro le nostre libere fantasie; è esso che genera le nostre dimenticanze, che cancella dalla nostra coscienza nomi, persone, eventi. Come mai volevamo dire una cosa e ce ne esce un'altra? Come mai intendevamo scrivere una parola e ne scriviamo un'altra ? Dove troviamo la causa di questi atti mancati, cioè dei nostri lapsus? Non sorgono forse essi “dalla contrapposizione di due diverse intenzioni”, di cui una, quella inconscia appunto, è “più forte di noi”? È in Psicopatologia della vita quotidiana (1901) e successivamente con Il motto di spirito e i suoi rapporti con l'inconscio (1905) che Freud offre analisi brillanti (spesso, però, considerate dai critici molto discutibili) di un fascio di fenomeni (lapsus, sbadataggini, associazioni immediate di idee, errori di stampa, smarrimento o rottura di oggetti, motti di spirito, amnesie, ecc.) mai presi sul serio dalla “scienza esatta”, e dietro ai quali Freud mostra l'azione indefessa di contenuti che la rimozione ha respinto dalla coscienza e occultato nell'inconscio senza però essere riuscita a renderli inattivi.

3. L'interpretazione dei sogni

Già nella Interpretazione dei sogni (1899) Freud aveva mostrato - in maniera estremamente brillante e suggestiva - l'azione dei contenuti rimossi nell'inconscio. L'antichità classica aveva visto nei sogni delle profezie, la scienza dei tempi di Freud li aveva abbandonati alle superstizioni. Ma Freud li ha voluti portare all'interno della scienza: “Sembrava assolutamente impossibile che qualcuno, il quale avesse compiuto seri lavori scientifici, potesse rivelarsi poi un "interprete di sogni". Non tenendo però conto di una tale condanna del sogno; considerandolo invece come un sintomo nevrotico incompreso, alla stessa guisa di un'idea delirante o ossessiva; prescindendo dal suo contenuto apparente e, infine, facendo oggetto della libera associazione ciascuno dei suoi diversi elementi, si giunge ad un risultato del tutto diverso”. Il risultato fu che nel sogno c'è un contenuto manifesto” (quello che si ricorda e si racconta quando ci si sveglia) e un “contenuto latente” (quel senso del sogno che l'individuo non sa riconoscere: “ma, dove va la testa!”). Ebbene, proprio questo contenuto latente “contiene il vero significato del sogno stesso, mentre il contenuto manifesto non è altro che una maschera, una facciata (...)”. Lo psicoanalista è anche, e spesso soprattutto, un “interprete dei sogni; deve rifare il cammino verso il contenuto latente del sogno, contenuto “sempre pieno di significato” a partire dal contenuto manifesto spesso del tutto insensato. La tecnica analitica, per mezzo di libere associazioni, “permette di individuare ciò che è nascosto”. E nelle radici nascoste dei sogni noi troviamo impulsi rimossi che il sogno, data la diminuita vigilanza esercitata dall'io cosciente durante il sonno, cerca di soddisfare: “Il sogno (...) costituisce la realizzazione di un desiderio”, di un desiderio che la coscienza reputa magari vergognoso e che “è proclive a ripudiare con stupore o con indignazione”. Tuttavia, non c'è da credere che l'azione rimovente dell'io cessi del tutto durante il sonno: “una parte di essa rimane attiva, come censura onirica, e proibisce al desiderio incosciente di manifestarsi nella forma che gli è propria”. A motivo della severità della censura onirica, “i contenuti onirici latenti devono (...) sottoporsi a modifiche e ad attenuazioni, che rendono irriconoscibile il significato proibito del sogno”. Così si spiegano quelle deformazioni oniriche, alle quali i sogni devono le loro tipiche caratteristiche di strambezza. In conclusione: “il sogno è la realizzazione (maschera) di un desiderio (rimosso)”. E da quanto detto comprendiamo perché, ad avviso di Freud, “l'interpretazione dei sogni è (...) la via regale per la conoscenza dell'inconscio, la base più sicura delle nostre ricerche (...). e quando mi si chiede - dice Freud - come si possa diventare psicoanalista, io rispondo: attraverso lo studio dei propri sogni”.

4. L'idea di “libido”

A questo punto una domanda diventa inevitabile: per quali ragioni certe pulsioni vengono respinte, come mai certi ricordi sono a disposizione della coscienza, mentre altri possono essere, almeno in apparenza, sottratti ad essa e rimossi nell'inconscio? La ragione di ciò - risponde Freud - è da trovare nel fatto che si tratta di pulsioni e di desideri in palese contrasto con i valori e le esigenze etiche proclamate e ritenute valide dall'individuo cosciente. Per cui, quando c'è incompatibilità tra l'io cosciente (i suoi valori, i suoi ideali, i suoi punti di riferimento, ecc.) e certe pulsioni e certi desideri, allora entra in azione una sorta di “repressione” che strappa queste cose “vergognose” e “indicibili” alla coscienza e le trascina nell'inconscio, da dove uno continua la censura cerca di non farli riaffiorare alla vita cosciente.

E rimozione e censura entrano in azione, per il fatto che “debbono” agire su desideri e ricordi di natura principalmente e ampiamente sessuale e quindi su cose vergognose, da non dire e cancellare. Freud riconduce la vita dell'uomo ad una originaria libido, cioè ad una energia connessa principalmente al desiderio sessuale: “analoga alla fame in generale, la libido designa la forza con la quale si manifesta l'istinto sessuale, come la fame designa la forza con la quale si manifesta l'istinto di assorbimento del nutrimento”. Ma mentre desideri come la fame o la sete non sono “peccaminosi” e non vengono rimossi, le pulsioni sessuali vengono rimosse, per poi riapparire nei sogni e nelle nevrosi. “La prima scoperta alla quale ci conduce la psicoanalisi è che, regolarmente, i sintomi morbosi sono legati alla vita amorosa del malato; questa scoperta (...) ci obbliga a considerare i disturbi della vita sessuale come una delle cause più importante della malattia.” I malati non si accorgono di questo, ma ciò accade perché “essi portano un pesante mantello di menzogne per coprirsi, come se ci fosse cattivo tempo nel mondo della sessualità”. Sessualità repressa che esplode in malattia o ritorna in parecchi sogni. È analizzando questi sogni che Freud scopre la sessualità infantile. Sono i sogni degli adulti che, infatti, rimandano di frequente a desideri inesauditi, desideri inappagati della vita sessuale infantile.

5. Il complesso edipico

Lo studio della sessualità infantile porta Freud ad uno dei punti centrali della sua teoria, all'idea cioè di complesso di Edipo. Scrive Freud: “Il bimbo concentra sulla persona della madre i suoi desideri sessuali e concepisce impulsi ostili contro il padre, considerato come un rivale. Questa è anche, "mutatis mutandis", l'attitudine della bambina. I sentimenti che si formano durante questi rapporti non sono solo positivi, cioè affabili e pieni di tenerezza, ma anche negativi, cioè ostili. Si forma un “complesso” (vale a dire un insieme di idee e di ricordi legati a sentimenti molto intensi) che è certamente condannato ad una rapida rimozione. “Ma - fa presente Freud - nel mondo dell'inconscio esso esercita ancora una attività importante e duratura. Possiamo, supporre che esso costituisca, con le sue implicazioni, il complesso centrale di ogni nevrosi, e noi ci aspettiamo di trovarlo non meno attivo negli altri compi della vita psichica.” Nella tragedia greca, Edipo, Figlio del re di Tebe, uccide suo padre e prende in moglie la propria madre. Questo mito, dice Freud, “è una manifestazione poco modificata del desiderio infantile contro il quale si alza più tardi, per scacciarlo, la barriera dell'incesto”. E in fondo al dramma di Amleto, di Shakespeare, “si ritrova la stessa idea di un complesso incestuoso, ma meglio mascherato”. Nell'impossibilità di soddisfare il suo desiderio, il bimbo si assoggetta a quel competitore, il genitore di cui è geloso, e costui diviene il suo padrone interiore. E con l'interiorizzazione di un censore interno la crisi edipica passa, ma intanto si è instaurato il Super-Ego, e con esso la morale.

6. La tecnica terapeutica

“Le teorie della resistenza e della rimozione nell'inconscio, del significato eziologico della vita sessuale e della importanza delle esperienze infantili sono - ad avviso dello stesso Freud - i principali elementi dell'edifîcio teorico della psicoanalisi.” Per quanto poi riguarda la tecnica terapeutica, Freud si convinse, in forza delle esperienze che venivano ad accumularsi nel corso della sua esperienza, che la tecnica maggiormente adeguata fosse quella della associazione libera delle idee: l'analista fa sdraiare il paziente su di un divano, in un ambiente dove non ci sia una luce troppo intensa, in modo da porre il paziente in una situazione di rilassamento; l'analista si pone dietro al paziente e lo invita “a manifestare tutto quello che giunge al suo pensiero, quando egli rinunci a guidare il pensiero intenzionalmente”. Questa tecnica non esercita costrizioni sul malato ed è una via efficace per giungere alla scoperta della resistenza: “la scoperta della resistenza è il primo passo verso un suo superamento”. Ovviamente, perché l'analisi proceda nel giusto senso, occorre che l'analista abbia sviluppato “un'arte dell'interpretazione, il cui fruttuoso impiego, per aver successo, richiede tatto ed esperienza”. L'analista non costringe il paziente, lo guida, lo invita a lasciare via libera alle idee che gli vengono in mente, suggerisce talvolta la parola, cercando di vedere quali altre idee e sentimenti essa susciti nel paziente. E tutto viene registrato e scritto dall'analista: non solo quello che il paziente dice, ma anche le sue esitazioni, e soprattutto le sue resistenze.

L'analista lavora, dunque, sulle libere associazioni del paziente. Ma anche sui suoi sogni, che egli interpreta al pari dei lapsus, delle dimenticanze, dei ritardi, delle associazioni immediate, insomma di tutto ciò che costituisce la “patologia della vita quotidiana”. È attraverso queste tracce e per questi sentieri che l'analista intende riportare il paziente al suo inconscio, a quegli ingorghi che hanno causato la malattia e che pongono il soggetto in stato talvolta di insopportabile sofferenza. Solo scoprendo la causa della malattia, si possono sciogliere i nodi; solo sapendo cosa è avvenuto ci si può liberare dalla sofferenza. È “la trasformazione dell'inconscio in conscio” la via della guarigione, anche se talvolta può capitare che il medico “prende le difese della malattia da lui combattuta”. Sono questi i casi “nei quali il medico stesso deve ammettere che lo sfociare di un conflitto nella nevrosi rappresenta la soluzione più innocua e socialmente più tollerabile”.

7. L'Ego tra Es e Super-Ego

Da tutto quanto si è finora detto, risulta ormai facile estrarre la teoria dell'apparato psichico proposta da Freud. L'apparato psichico è composto dall'Es (o Id), dall'Ego e dal Super-Ego. L'Es (in tedesco “Es” è il pronome neutro dimostrativo ed equivale all'“Id” latino; Freud prese questo termine da Georg Groddeck) è l'insieme degli impulsi inconsci della libido; è la sorgente di un'energia biologico-sessuale; è l'inconscio amorale ed egoistico. L'Ego è la facciata” dell'Es; è il rappresentante conscio dell'Es; la punta consapevole di quell'iceberg che è appunto l'Es. Il Super-Ego si forma verso il quinto anno di età e differenzia (per grado e non per natura) l'uomo dall'animale; è la sede della coscienza morale e del senso di colpa. Il Super-Ego nasce come interiorizzazione dell'autorità familiare e si sviluppa successivamente come interiorizzazione di altre autorità, come interiorizzazione di ideali, di valori, modi di comportamento proposti dalla società attraverso la sostituzione dell'autorità dei genitori con quella di “educatori, insegnanti e modelli ideali”. Il Super-Ego “paterno” diventa un Super-Ego “sociale”. L'Ego, dunque, si trova a commerciare tra l'Es e il Super-Ego, tra le pulsioni dell'Es, aggressive ed egoiste - che tendono ad una soddisfazione irrefrenabile e totale - e le proibizioni del Super-Ego che impone tutte le restrizioni e le limitazioni della morale e della “civiltà”. In altri termini, l'individuo è sotto la spinta originaria di una energia biologico-sessuale. Ma queste forze istintive sono regolate da due principi: quello del piacere e quello di realtà. Per il principio del piacere, la libido tende a trovare un soddisfacimento immediato e totale. Su questa strada, però, essa trova quel censore che è il principio di realtà che costringe le pulsioni egoistiche, aggressive ed autodistruttive ad incanalarsi per altre vie, le vie della produzione artistica, della scienza, e così via: le vie della civiltà. Tuttavia, davanti alle repressioni del principio di realtà, l'istinto non desiste e non si dà affatto per vinto e cerca altri sbocchi per il suo soddisfacimento. E allora, se non riesce a “sublimarsi” in opere d'arte, risultati scientifici, realizzazioni tecnologiche, educative o umanitarie, e se, d'altra parte, gli ostacoli che incontra sono massicci e impermeabili a qualsiasi deviazione sostitutiva, la spinta dell'istinto si trasforma in volontà di distruzione e di autodistruzione.

8. I due “grandi ribelli”: Alfred Adler e Carl Gustav Jung

Nel 1910 nacque la Società internazionale di psicoanalisi, il cui primo presidente fu Carl Gustav Jung. Nel frattempo la Psicoanalisi trovava nuovi campi di feconde applicazioni. Th. Reik e l'etnologo G. Roheim sviluppavano le tesi contenute nel lavoro di Freud Totem e Tabù. Otto Rank faceva della mitologia l'oggetto dei suoi studi. Il pastore protestante O. Pfister, di Zurigo, il quale - dice Freud - “trovò conciliabile la psicoanalisi con una forma sublimata di religiosità”, applicò la psicoanalisi alla pedagogia. I successi, dunque, non mancavano. Ma, insieme a questi, arrivarono anche quelle prime clamorose scissioni che dovevano rompere in maniera decisiva l'uniformità della prospettiva freudiana. La prima scissione si ebbe nel 1911 con Alfred Adler (I870-1937), il fondatore della Psicologia individuale. Per Adler, in ogni fase del suo sviluppo, “l'individuo è guidato dal desiderio di una superiorità, di una ricerca di somiglianza divina, dalla fede nel suo potere psichico particolare”. La dinamica dello sviluppo dell'individuo si snoda all'interno di un dissidio tra il “complesso di inferiorità” che si scatena davanti ai compiti da risolvere e di fronte alla competizione con gli altri e la volontà di affermare la propria potenza. Nel 1913, due anni dopo la “secessione” di Adler, si allontanò da Freud anche Carl Gustav Jung (1875-1971), al cui nome è legata la “psicologia analitica”, caratterizzata, tra l'altro, dall'idea di inconscio collettivo fatto di archetipi e dalla proposta di una teoria concernente i tipi psicologici (quali l'introverso e l'estroverso).

9. Quattro viennesi contro Freud

“Ho sempre considerato una grande ingiustizia il fatto che non si sia voluto trattare la psicoanalisi come qualunque altra scienza naturale”: questo scriveva Freud in La mia vita e la psicoanalisi, pensando che la psicoanalisi è scienza così come è scienza la fisica o la geologia. Le cose, però, stanno davvero in questo modo? Le pretese di scientificità della psicoanalisi sono pretese ben fondate?

No, non sono pretese fondate! E questo il verdetto del grande polemista viennese Karl Kraus (1874-1936). La psicoanalisi, dice Kraus, “contribuisce a dare una coscienza di classe all'inferiorità”. Essa, a suo avviso, “è più una passione che una scienza”. La psicoanalisi è “quella malattia di cui ritiene di essere la terapia”.

E pure per un altro viennese, Egon Friedell (1878-1938), la psicoanalisi non è scientifica. Freud, sostiene Friedell nella sua monumentale opera Kulturgeschichte der Neuzeit, è “un poeta” e “la psicoanalisi ha un difetto catastrofico: gli psicoanalisti, esattamente”.

E con urgenza Friedell sottolinea che la psicoanalisi non è una scienza. Essa, piuttosto, è la fede di una setta. La realtà è che “proprio come la balena, sebbene sia un mammifero, si atteggia a pesce, così la psicoanalisi, che di fatto è una religione, si atteggia a scienza”. Si atteggia a scienza senza esserlo; e non lo è perché è fattualmente inconfutabile: “è improbabile convincere gli psicoanalisti della falsità di una diagnosi”. In breve: “Freud è un metafisico. Ma non lo sa”.

Sul fascino esercitato dalla psicoanalisi, un fascino che blocca l'esercizio della critica, ha posto l'attenzione Ludwig Wittgenstein (1889-1951). “Non c'è modo - afferma Wittgenstein - di mostrare che il risultato generale dell'analisi non potrebbe essere un inganno”. La psicoanalisi è “una mitologia che ha molto potere”. Mitologia e non scienza. E l'intento di Wittgenstein è quello di far perdere la nostra subordinazione nei confronti della psicoanalisi. Più in particolare, il procedimento della libera associazione delle idee, fa presente Wittgenstein, è una cosa ben strana, “perché Freud non chiarisce mai come possiamo sapere dove fermarci, dove la soluzione sia giusta”.

Ai nostri giorni la critica più nota nei confronti della psicoanalisi freudiana è sicuramente quella di Karl R. Popper (nato a Vienna nel 1902, morto nel 1994). Popper a più riprese ha sostenuto che la psicoanalisi non è scientifica, e non è scientifica perché non è falsificabile. “Non c'è - scrive Popper - alcun comportamento immaginabile che possa contraddire la psicoanalisi.” E “quanto all'epica freudiana dell'Io, del Super-io e dell'Es non si può avanzare nessuna pretesa ad uno stato scientifico, più fondatamente di quanto lo si possa fare per l'insieme delle favole omeriche dell'Olimpo. Queste teorie descrivono alcuni fatti, ma alla maniera dei miti. Esse contengono delle suggestioni psicologiche assai interessanti, ma in forma non suscettibile di controllo”. Al pari del marxismo, la psicoanalisi non è scienza. Tuttavia, “mentre il marxismo divenne non-scientifico adottando una strategia immunizzante, la psicoanalisi fu immune sin dall'inizio e tale rimase”. Ciò in contrasto con la maggior parte delle teorie fisiche le quali “sono del tutto libere dalla tattica immunizzante e altamente falsificabili sin dall'inizio”.

10. Adolf Grünbaum: Popper sbaglia, ma la psicoanalisi non se la passa bene

Popper non è riuscito a convincere, tra altri, Adolf Grünbaum, autore del famoso libro Philosophical Problems of Space and Time (1963; ed. ampl. 1976), e più vicino a noi, di The Foundations of Psychoanalysis e di Reflections on the Foundations of Psychoanalysis. Grünbaum critica il falsificazionismo di Popper da una prospettiva di induttivismo eliminatorio. E nega validità alla critica di Popper contro Freud. Se la teoria psicoanalitica non è scientifica perché non falsificabile, allora - argomenta Grünbaum - nessuna delle conseguenze dei postulati teorici freudiani è empiricamente controllabile. Ma - si chiede Grünbaum - “quale dimostrazione ha mai offerto Popper per ribadire con enfasi che il corpus teorico freudiano è completamente privo di conseguenze empiricamente controllabili?”. È possibile una dimostrazione del genere? Inoltre, va da sé che “l'incapacità di certi filosofi dello scienza di individuare una qualsiasi conseguenza controllabile della teoria freudiana, dimostra che essi non ne hanno studiato a fondo, o non ne padroneggiano, il contenuto logico, non dimostra certo una carenza scientifica della psicoanalisi”.

Sbaglia Popper a criticare Freud sulla base di una presunta non falsificabilità della psicoanalisi. In ogni caso, soggiunge Grünbaum, la psicoanalisi non regge ugualmente. E non regge, tra altre ragioni, perché i dati clinici non sono attendibili: essi sono irrimediabilmente contaminati dall'analista. Così, per esempio, il processo di associazione libera non è forse contaminato dall'influenza dello psicoanalista? Le associazioni - dice Grünbaum - non possono continuare indefinitamente, e se al paziente intelligente e immaginativo è permesso di continuare abbastanza a lungo nelle sue associazioni, dalle sue rimuginazioni emergerà, allora, prima o poi, qualsiasi tipo di contenuto tematico del quale è stato recentemente cosciente: pensieri sulla morte, su Dio o su quel che si voglia. Ebbene, “di fronte a questa elasticità tematica delle associazioni, come può l'analista evitare una tendenza alla selezione che non sia in qualche modo fallacemente anticipata, essendo inevitabilmente costretto a delimitarne la durata?”. È esattamente sulla base di considerazioni del genere che Grünbaum può pronunciare un “inequivocabile verdetto”: attualmente la psicoanalisi non è in ottimo stato, “per lo meno per quanto riguarda i suoi fondamenti clinici”.

11. L'influsso della psicoanalisi sulla cultura contemporanea

Nonostante gli scismi (si è sopra accennato solo a quelli di Alfred Adler e Carl G. Jung) e nonostante critiche provenienti da prospettive politiche, o morali oppure religiose, o anche da altre direzioni dell'indagine psicologica ovvero da concezioni epistemologiche quali quelle delineate poco fa, nonostante, dunque, scismi e critiche, la psicoanalisi - questa scienza nuova creata da Freud - era destinata ad esercitare nel giro di pochi decenni un influsso sempre più massiccio sull'immagine dell'uomo e delle sue attività psichiche e dei suoi prodotti culturali. Non c'è “fatto umano” che non sia stato toccato e “sconvolto” dalla dottrina psicoanalitica: il bambino diventa un “perverso polimorfo”; il “peccaminoso” sesso della tradizione viene posto in primo piano per spiegare la vita normale e soprattutto le malattie mentali; l'io e il suo sviluppo vengono inquadrati in una nuova teoria; le malattie mentali vengono affrontate con tecniche terapeutiche prima impensate; fatti come i sogni, i lapsus, le dimenticanze, ecc. - generalmente visti come fatti, sì, strani, ma irrilevanti per la comprensione dell'uomo - si tramutano in crepe attraverso cui scrutare il profondo dell'animo umano; fenomeni quali l'arte, la morale, la religione e la stessa educazione vengono illuminati da una luce che molti ancora oggi dichiarano “sconvolgente”. Il costume esce murato dall'incontro con la teoria psicoanalitica e gli stessi termini fondamentali della teoria psicoanalitica (“complesso edipico”, “rimozione”, “censura”, “sublimazione”, “inconscio”, “superio”, “transfert”, ecc.) sono ormai pezzi integrati nel linguaggio ordinario e, nel bene o nel male e con più o meno cautela, più o meno a proposito, costituiscono attrezzi interpretativi del più ampio svolgersi della vita.

DARIO ANTISERI