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Materiali per Operatori del Benessere Immateriale
Earthwalk
CAPITOLO 6 (prima parte) / v. Capp. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7

PARABOLA 6

Una volta due poveracci - un bianco e un negro - si misero in viaggio insieme, nel tentativo di raggiungere una terra nuova e meravigliosa, di cui avevano sentito parlare. Dopo un po', incontrarono una strega che disse loro: «Datemi un pezzo della vostra carne e io vi farò ricchi. Così viaggerete con distinzione e comodo». Al negro la cosa non interessò, ma l'uomo bianco cedette. Non appena ebbe fatto quanto la strega aveva chiesto, si trovò ben vestito a cavalcioni di un magnifico destriero. Assai compiaciuto del baratto, incominciò ad allontanarsi a cavallo. Siccome il negro non poteva tenergli dietro a piedi, ciò fece arrabbiare l'uomo bianco. Egli scherniva i poveri indumenti del negro e, quando questi non riusciva a tenere il passo, lo percuoteva col frustino. Quando il negro minacciò di abbandonarlo, l'uomo bianco, avendo paura di viaggiare da solo, lo legò, lo assicurò al cavallo e lo trascinò nella polvere. Ciò durò per qualche tempo e il negro rimase malamente ferito, quasi da morire. Poi, nell'uomo bianco, cominciò a verificarsi un cambiamento. Perdeva interesse al viaggio, non traeva più piacere da ciò che lo circondava e sembrava che derivasse la sua unica soddisfazione dal confrontare sé stesso col suo compagno che, adesso, trattava come un servo. Si fermava in ogni villaggio per ostentare la propria ricchezza ed accumularne sempre di più, giocando d'azzardo e imbrogliando gli abitanti. Alla fine, un giorno incontrò un altro tipo che gli assomigliava, tentarono di truffarsi a vicenda per uccidersi entrambi in un combattimento a fuoco. Il negro, sfregiato, sì, ma altrimenti in buona salute, prese il cavallo dell'uomo bianco e proseguì il suo viaggio verso la terra meravigliosa.

I SEMI DEL COCOMERO (*) E I SENTIERI DEL CAMBIAMENTO

Non esiste alcuna alternativa concepibile se non di spingersi ulteriormente nella stessa direzione, di attendere una forza trascurata, lasciata indietro, di volare ancora più avanti e di riacquistare ascendente.
Bellow

Fra voto favorevole e voto sfavorevole che differenza c'è?
Lao Tzu


Molto di quanto ho detto può apparire motivo di sconfortata depressione. Tuttavia, cadere in questa depressione, significa fornire un esempio di quella patologica narcisistica da me descritta, in quanto la depressione riguardo al futuro dipende dall'effettuare un'estrapolazione lineare dal presente. Essa presume che la cultura occidentale continuerà la sua corsa precipitosa verso il disastro, con null'altro in grado di rallentarla se non l'intelligenza e l'illuminazione umana; al meglio, una difesa meschina. I profeti del fato funesto tendono a considerarsi come coloro
che lanciano un allarme disperato, nel tentativo di incitare la gente ad esercitare quella volontà erculea che differirà il disastro; io, però, ho dimostrato come la volontà umana sia la causa della crisi, non la sua soluzione. Impegnarsi nell'estrapolazione lineare renderebbe la prospettiva, in effetti, deprimente. Ma non è necessario farlo. Il futuro non sarà una mera esagerazione del presente. Una prognosi deprimente dipende dall'assunto secondo cui la volontà conscia dell'uomo ha trasceso l'equilibrio della natura, gettandolo irrimediabilmente nel disordine, cosicché l'uomo dalla psiche meccanica può buttare nel dimenticatoio il nostro intero ecosistema. Ma che cosa succederebbe se la concezione del potere della volontà umana fosse soltanto un'altra espressione della nostra fastosità schizoide? Che cosa succederebbe se il nostro lavorio mentale fosse governato da un loop di feedback troppo ampio da percepirsi? Se effettivamente gli umani non sono in grado di trascendere il circuitismo ecologico in cui sono inseriti, allora il motivo di depressione si vanifica. Dacché ci consideriamo soltanto attori pensanti e volitivi, mai come rispondenti carnali e sentimentali, ci piace ritenerci voci intelligenti che chiamano nel deserto («Se soltanto potessi farglielo capire!»). Questa è pura arroganza dell'individualismo. Invece, se in un dato momento di una data cultura mi vien fatto di pensare ai suoi difetti e alle sue limitazioni, ciò accade pure agli altri, dacché questi colpiscono tutti noi in maniera comune, seppure in gradi diversi. Gli autori di libri come questo sono ben contenti di immaginarsi di essere la causa del cambiamento futuro. Sognano di venire annoverati nei libri di storia come coloro che hanno alimentato un certo tipo di tendenza (fantasia, questa, incoraggiata dalla passione degli storici di puntualizzare la storia). Ma i libri sono espressioni, non cause, di cambiamento. Attraverso di essi ci avvisiamo vicendevolmente che le nostre teste stanno subendo una qualche modifica come risposta alle condizioni che ci circondano e ai sentimenti che tali condizioni hanno ingenerato. L' ipotesi che sto avanzando è che la natura si curi tuttora da sé e che, malgrado le loro fantasie di grandiosità, gli umani sono tuttora inseriti nel loro ecosistema e soggetti ai suoi processi; che, come la nostra mentalità meccanica raggiunge il livello di guardia, cominciano a verificarsi processi che alterano i nostri modi di pensare e di agire. Mi rendo conto come questa affermazione sia pressoché blasfema in una società individualistica che adora l'idea del libero arbitrio. Gli americani sono straordinariamente contenti nell'impegnarsi in atti masochisti di vario tipo, per dimostrare di non essere governati da null'altro che dalla loro libera scelta, iI che sembra voler significare che essi non sono in armonia col loro ambiente, con le altre persone o col corpo. Essi compartecipano la stessa monotona illusione secondo cui la volontà umana non ha struttura uniforme e prevedibile. Sia quel che sia, io considero l'improvviso insorgere della coscienza ecologica di questo paese - per quanto confusa spesso sia - un effetto del sistema, non più intenzionale di quanto sia la marcia dei topi artici verso il mare. Nonostante tutte le soppressioni di feedback a livello inferiore, a livello più elevato l'ecosistema è tuttora funzionante. Dio, in questo senso, non è ancora morto. Fenomeni quali l'eversione sociale illustrano tale funzionamento, come tenterò di dimostrare in questo capitolo.

Le forme del cambiamento

Una linea retta che si muova in un elemento resistente diventa sinuosa. I fiumi serpeggiano attraverso prati piani, una sottile sbarretta, se spinta contro il muro, forma un occhiello. La storia viene spesso ritratta con immagini sinuose: ascese e cadute; Anni Oscuri e Rinascimenti; era Classica, Romantica, Neo-Classica e Neo Romantica.
In primo piano, ogni ascesa o caduta appare meramente come una linea retta, ma, da media distanza, si diventa terribilmente consapevoli delle curve. Ancor più da lontano, la stessa onda sinuosa assomiglia ad una linea retta. Il sorgere di una nuova civiltà, quindi, sembra puramente una concentrazione di cultura e il suo declino puramente la diffusione di essa, mentre la quantità e la complessità della cultura è continuamente in incremento. L'idea di progresso lineare è nata. Lo schema rettilineo funziona piuttosto bene quando utilizziamo una misura quantitativa della cultura, quale il numero assoluto di prodotti lavorati o i simboli pro capite. D'altro canto, abbiamo appreso attraverso lunga esperienza come, spesso, una linea retta risulti essere soltanto una curva tanto piatta da non potersi riconoscere come tale. Per esempio, l'asse di una curva sinuosa può essere esso stesso una curva sinuosa. La verità contenuta nel vecchio schema di ascesa-e-caduta era che i componenti culturali non cambiano, ma vengono puramente ricombinati in un'infinita varietà di modi. Malgrado ciò, questi riadattamenti sono genuinamente nuovi e non hanno precedenti.Un adeguato schema di cambiamento deve comprendere entrambi gli aspetti dell'evoluzione, quello circolare-compatto-statico e quello instabile-aperto-lineare. Gli esseri umani vocalizzano come gli uccelli, organizzano come le formiche, comunicano simbolicamente come le api, afferrano saldamente come le scimmie, cacciano come i gatti, e così via; eppure, essi non ripetono puramente queste azioni: essi sono organizzati intorno ad una sintesi totalmente nuova. Un problema connesso allo schema lineare è che esso offusca la stratificazione del cambiamento - quella che Victor Gioscia chiama «stratificazione temporale». La nave diventa obsoleta prima di raggiungere il suo zenit tecnico, così come la locomotiva, la radio e il film. Il
Cattolicesimo era già in declino prima ancora di aver raggiunto la sua piena influenza, nel senso che il Protestantesimo e varie filosofie razionaliste stavano già sorgendo quando la Chiesa otteneva, finalmente, il successo nel frantumare il paganesimo. In modo analogo, l'Etica Protestante cominciò ad essere interiorizzata durante il periodo della seconda guerra mondiale da gran parte della classe lavoratrice americana, proprio mentre, in quel periodo, la classe media cominciava a dubitare di essa. E, come osserva René Dubos, la metà del diciottesimo secolo non portò soltanto la rivoluzione industriale e l'imposizione di un vasto armamentario di tecniche restrittive nell'allevamento dei figli, ma anche una passione ardente per la natura, per l'«uomo naturale», per il ritorno alla semplicità bucolica, e così via. La fede che la scienza avrebbe risolto tutto coincise con la fede che il nostro allontanamento da un'armonia adattiva con la natura fosse causa dei nostri guai e dei nostri malanni.
La stratificazione fa sì che ci si chieda se mai possa venficarsi un cambiamento, se le stesse ambivalenze, gli stessi dualismi non siano puramente ripartiti in maniera differente o fra differenti esecutori. Ma il fatto che il cambiamento non sia null'altro che un riadattamento non toglie nulla al suo significato. Se separiamo due parti di un insieme e le rifondiamo, risulteranno differenti, dacché i loro rapporti con altri insiemi saranno stati modificati dalla separazione. Se, come parti, sono cambiate debbono essere ricombinate in maniera diversa. Questo è il principio che sta alla base della dinamica del profeta. Secondo questa prospettiva, in una cultura, in ogni momento, è sempre presente un qualsiasi schema, valore, ideale o tendenza comportamentale in compagnia del suo opposto polare. Tendono soltanto a cambiare l'enfasi relativa concessa ad ogni polo e i modi di adattare la loro simultanea espressione. In genere, uno dei poli è dominante, gli viene concessa aperta espressione ed è altamente apprezzato; l'altro, invece, è costretto a esprimersi soltanto ai margini. Elaine Cumming tratta questo processo in termini di valori e «anti-valori», suggerendo che «valori fermamente mantenuti sembrano sempre accompagnati da valori latenti contrastanti, se non ostili» che sono «disponibili per la conversione» in quelli dominanti. Inoltre, «quanto più proclamiamo ad alta voce un valore tanto più deve per noi essere accessibile un qualche valore contrastante». Essa, per esempio, fa notare come, pur esprimendo la nostra devozione all'individualismo collocando la patologia sociale all' interno dei singoli individui e trattandoli come casi devianti senza curarci di quanti milioni se ne radunano, noi imponiamo loro una vita collettiva sotto forma di prigioni, ospedali e «case» istituzionali. Essa tratta anche altre coppie di valori contrastanti, quali l'eguaglianza contrapposta al grande governo e l'apertura contrapposta all'intimità, entrambe le quali troviamo assai difficili da riconciliare. La teoria del riadattamento, quindi, considera il cambiamento puramente come gli schemi fluidi formati dalle incessanti e variegate collisioni fra opposti irreconciliabili ma egualmente necessari. Il vantaggio più importante rispetto alla teoria lineare risiede nel fatto che permette di capire come una linea retta non sia necessariamente la via più breve fra due punti; spesso, è possibile arrivare più brevemente ad un valore esercitando un'azione costrittiva sul suo opposto polare. Il mancato riconoscimento degli opposti esistenti in noi determina i nostri errori lineari. In effetti, l'espressione di entrambi gli impulsi opposti di una coppia sbloccherà una stasi ambivalente, portando all'espressione di quello restante, nonché alla liberazione dell'energia connessa e neutralizzata. Ecco perché lo sfogo dell'ostilità diffusa è, assai spesso, una fase preliminare dei rituali primitivi di fertilità. Per lo stesso motivo, il modo più breve per comprendere i limiti dell'universo può essere ottenuto attraverso il microscopio più che attraverso il telescopio. È anche possibile che, per la nostra civiltà, sia stato utile l'essersi trovata tutti questi secoli sul sentiero sbagliato, quantunque io diffidi di un simile panglossianismo che tende ad ottundere la nostra rispondenza quando è più necessaria. Si potrebbe arguire che lo sviluppo della cultura maschile schizoide - naturalmente selezionata finché sono esistite parecchie culture in competizione — possa essere risultata la via più breve per fare affiorare il suo mutato opposto, ora essenziale, dato che l'aggressione non ha più alcun valore di sopravvivenza. Certamente, essa ha affrettato lo sviluppo di una cultura globale, anche se è possibile immaginare strade meno rischiose. Attraverso questo modo di pensare, si potrebbe incoraggiare la scienza a proporlo su più ampia scala e a sfogarsi. L'arte ha seguito questa strada, utilizzando l'arte per l'arte come tipo di meccanismo auto-distrutto. Lo staccare l'arte dalle sue radici sociali e culturali per renderla pura ha portato naturalmente a capire come ogni evento possa essere una forma d'arte come un'altra, dacché tutte le definizioni d'arte sono culturalmente derivate. Come tutto diventa arte, l'arte diventa nulla, per cui la scienza pura può seguire la stessa strada. Anche la riservatezza ottiene un suo valore da questa prospettiva, dacché è una porzione implicita della dinamica del profeta; l'isolamento consente un'evoluzione indipendente, cosicché, quando la rivelazione arriva, quanto viene rivelato ha un suo significato e un suo impatto. La verità uniforme è in definitiva entropica. Queste speculazioni, tuttavia, sono un po' lontane dai nostri interessi immediati; si possono trovare a portata di mano esempi più pertinenti nella strategia colombiana di andare ad ovest per raggiungere l'est. Nel Capitolo 2 ho fatto notare come, sebbene i movimenti di liberazione tendono a iniziare con richieste di eguaglianza di trattamento, i gruppi oppressi, alla fine, trascendano questo obiettivo e comincino a rendersi conto della propria superiorità caratteristica, nonché ad affermarla. Questa affermazione va di pari passo con la teoria del riadattamento del cambiamento. Eppure, la fase coerente e antitradizionale della liberazione, nella quale viene sottolineata l'eguaglianza, può costituire una leva importante di questo processo. Mi si consenta di avvalermi di un esempio piuttosto banale che farà le spese per centinaia d'altri. Trent'anni fa', quando i negri della classe media erano pressoché sconosciuti nella civiltà dominante, la maggioranza dei bianchi sperimentava la vista di un negro in giacca e cravatta come qualche cosa di incongruente. Si aveva l'impressione che esso non fosse al suo posto in quel tipo di costume, che ci fosse qualche cosa che non andava nel paludare un corpo negro con una simile ampollosità piena di bottoni. Nel momento in cui venne superata questa reazione razzista, parecchi fra gli stessi negri cominciarono a sentire che un indumento così caratteristico doveva essere lasciato ai bianchi - che i neri corpi liberi erano adatti ad indumenti liberi ed espressivi. Il terzo stadio del processo fu che parecchi bianchi - soprattutto i giovani - cominciarono a trovare come la blindata ampollosità di giacche e cravatte fosse inadatta a qualsiasi corpo umano vivente. La fase anti tradizionale, in altre parole, può essere una transizione necessaria, dacché l'applicazione del principio di coerenza a zone isolate di variazione serve ad illuminare quelle assurdità della cultura dominante, normalmente invisibili perché siamo troppo abituati ad esse.
Ci si sensibilizza al disagio di uno schema familiare, applicandolo a coloro ai quali non appare familiare. In tal modo, la coerenza stessa - cioè, la più piena espressione della mentalità meccanica dell'uomo - viene trasformata dalle forze sociali naturali in qualche cosa di creativo, nuovo e rivitalizzante. La volontà umana fallisce i suoi obiettivi, e l'umanità se ne avvantaggia. La nostra impotenza a trascendere il circuitismo dei sistemi naturali di cui siamo partecipi - siano essi fisici, biologici o culturali - è la nostra grande speranza.

Eversione sociale

L'idea che il cambiamento sociale sia semplicemente un riadattamento di opposti polari porta a fraintendimenti. Le culture non fanno semplicemente movimenti avanti e indietro, a mo' di sega, fra individualismo e collettivismo, o fra decentralizzazione e centralizzazione, o fra specializzazione e fusione di ruoli, o fra apertura e intimità, o fra eguaglianza e gerarchia, o fra sentimento e pensiero, o fra ascetismo e edonismo. La molteplicità di tali dimensioni significa che esse possono essere ricombinate in infinite varietà di modi e la loro espressione allogata in diversi momenti, in diversi posti e in diverse categorie di persone. Analogamente, il processo di eversione sociale, in cui uno schema sociale si trasforma nel suo opposto premendolo ad un suo estremo, deve essere distinto dall'idea popolare del pendolo sociale in cui una tendenza, quando è «andata troppo oltre», comincia a regredire verso un punto di moderazione. I cambiamenti superficiali - per esempio, i cambiamenti di moda intellettuale ed artistica - sono spesso accuratamente caratterizzati dalla metafora del pendolo. Essi rappresentano un movimento nell'ambito di quelli che una data cultura considera limiti accettabili di variazione. Essi forniscono un po' di novità in una situazione fondamentalmente stabile. Il cambiamento sociale concreto, tuttavia (quantunque, sulle prime, possa apparire un effetto pendolare), assume, in genere, la forma dell'eversione sociale. Forse, il più classico esempio di eversione sociale riguarda un sottoprodotto degno di nota del programma spaziale. Nulla potrebbe esservi di più lineare del tipo di pensiero scientifico che ha prodotto l'esplorazione dello spazio. Esso rappresenta la forma più estrema di rappresentanza, di contesa narcisistica senza limiti. Malgrado ciò, una conseguenza importante del programma spaziale è di consentire alle masse di assistere al nostro pianeta che si fa sempre più piccolo e di riconcettualizzarlo come «veicolo spaziale terra», cioè come una piccola totalità interdipendente. In tal modo la coscienza ecologica su scala di massa è scaturita direttamente dalla più piena espressione del suo esatto opposto: è una linea retta che si è creata la propria curvatura. Ne dovremmo ignorare l'importanza dello stesso pensiero narcisistico per la sollecitazione di una coscienza ecologica. Molta gente è stata spinta alla consapevolezza da storie terrorizzanti sulle conseguenze dell'inquinamento umano. Spesso, tali storie si fondano su di un'idea gonfiata del potere umano rispetto alla natura; tuttavia, questo tipo di ideazione può, alla fine, rivelarsi a proposito. Così, la pomposità umana ha portato direttamente ad un'accresciuta umiltà circa l'interdipendenza dei pianeti. Un esempio più astratto riguarda i nostri schemi di pensiero e di linguaggio. È proprio la nostra preoccupazione per le cose più che per i processi, per gli oggetti più che per i rapporti, per il linguaggio digitale che per quello analogico, che ha portato a quell'atteggiamento platonico verso gli oggetti trattato nel Capitolo 2. A sua volta, è stato questo atteggiamento a rendere distante, oltre che distaccato e insoddisfacente, il rapporto con essi. Come risposta a questa insoddisfazione, noi ci rivolgiamo nuovamente ai rapporti con gli altri, ad una forma bilaterale di interrelazione e, di conseguenza, a quella in cui il rapporto stesso ha maggiore probabilità di costituire il centro dell'attenzione. Ora, quanto più nella nostra coscienza è alta la proporzione degli oggetti viventi su quelli non viventi, tanto più il nostro pensiero e il nostro linguaggio tenderanno ad essere analogici, cioè tanto più preminenti saranno gli elementi iconici e cinetici della comunicazione. Ancora una volta, si noti come sia proprio premendo ad un estremo l'orientamento alle cose, il digitale, che il suo opposto riemerge. L'esplosione dell'informazione fornisce un esempio analogo. Con l'spandersi della conoscenza digitale, la specializzazione aumenta e l'apprendimento si compartimentalizza. Gli accademici diventano classificatori di patate, che non sanno nulla di rapporti, dacché questi sono tutti esterni ai loro campi vieppiù circoscritti. Eppure, i campi stessi diventano, alla fine, tanto elaborati da essere perfino impossibile mantenere efficiente il proprio che, ora, è così stretto da essere diventato irrilevante per qualsiasi realtà significativa. Ciò, a sua volta, porta ad una sempre più crescente ritrattazione dell'interesse dall'apprendimento digitale e ad un crescente interesse per la comprensione e la conoscenza relazionale. L'ossatura lineare e ristretta della scienza, inoltre, non è riuscita ad impedire l'affioramento, nell'ambito dell'ossatura stessa, di due eventi che minacciano di alterarla. Il primo è stato il movimento psichedelico che, è necessario ricordarlo, cominciò in laboratori di chimica impegnati nell'attività di routine. Il secondo è l'attuale insorgenza della ricerca psichica, fatta ampiamente scattare dall'interesse militare per la telepatia. Entrambi gli eventi hanno creato interesse per l'espansione delle nostre definizioni base della realtà (parecchi scienziati, ahimè, stanno ancora arrancando faticosamente con Newton sotto un braccio e John Locke sotto l'altro). La sovrappopolazione fornisce un ulteriore esempio. L'affollamento tende ad abbattere i vincoli stabili, nutritivi e confortevoli che gratificano il prossimo e lo rendono desideroso di assumersi la responsabilità di avere figli. La perdita di questa gratificazione porta alla ricerca del piacere, ad uno stile di vita edonistico in cui i figli appaiono un onere. Col diffondersi di questo umore, il tasso di mortalità tende ad assottigliarsi. Come esempio finale di eversione sociale potremmo prendere la famiglia nucleare isolata, col suo pesante sovraccarico emotivo, che tende a distruggere tutti i tentativi tendenti a mantenere distanze emotive tollerabili fra i membri della famiglia. L'implosione di bisogni - precedentemente soddisfatti nella famiglia estesa e nella più ampia comunità - in seno alla famiglia nucleare ha creato in essa una specie di voragine comportamentale. E questo non è un problema di vicinanza spaziale: gli Americani di classe media sono, oggi, probabilmente meno affollati nelle loro case di qualsiasi altro popolo nella storia. È, piuttosto, una mancanza di alternative emotive - in altre parole, l'inserimento forzato nel giovane di un gradiente ripido di piacere - ad aver prodotto la sensazione del sovraccarico emotivo. Ciò sfocia in una bramosia di intimità e in un sentimento fobico per la società, in quanto questa, nella fantasia, viene ricreata nell'immagine di genitori iperpossessivi e soffocanti. Con l' «escalation» di questi sentimenti, si verificano due cose. Primo, i rapporti coniugali a lunga scadenza diventano sempre più difficili da mantenere, per cui il tasso di divorzio cresce. Secondo, la famiglia edipica gonfia nei figli una motivazione narcisistica, maligna e competitiva. Sulle prime queste tendenze esasperano le condizioni patologiche che le hanno create. Col divorzio, le madri vengono fatte regredire a rapporti ancora più intensi coi figli, i quali crescono per diventare carrieristi ancor più compulsivi. Alla fine, tuttavia, la motivazione competitiva ricade sulle donne stesse, che cercano un ruolo più ampio nel più prestigioso mondo professionale. Ciò fa scattare il movimento femminista che, come notato
in precedenza, attacca su tutti i fronti la famiglia edipica. Nel frattempo, la monogamia sociale combinata con le madri lavoratrici deintensifica il rapporto madre-figlio, portando a gradienti di piacere più bassi nella prossima generazione. Tutti questi esempi di eversione sociale suggeriscono la virtuale impossibilità, qualora i materiali grezzi siano a portata di mano, di evitare di creare ciò che è necessario per bilanciare un sistema, tanto è grande la pressione interiore perché questa creazione si determini.

Tronchi nella soffitta della cultura

La natura è avara. Raramente essa scarta un qualsiasi processo già sfruttato. Ciò è altrettanto vero dei sistemi sociali e, paradossalmente, è un motivo del perché possa talvolta verificarsi il rapido cambiamento sociale.
Una società non si trasforma improvvisamente in qualche cosa di differente; essa comincia puramente ad enfatizzare ciò che, un tempo, era deenfatizzato, ad approvare ciò che, un tempo, era deprezzato. Qualche volta, il cambiamento sociale assume una direzione del tutto indefinita rispetto ad ogni previsione temporale. Per esempio, la maggior parte degli Americani si rende conto di come la propria società stia preoccupandosi meno dell'acquisizione, sia meno orientata al futuro, più edonistica e così via. Ciò sbalordisce poco, dacché se ne osservano tutti i segni. Interessante è che la gente abbia già la sensazione della consistenza di ciò a cui sta avvicinandosi. Gente mai vissuta in una cultura edonistica che ha, ciò nonostante, un'idea di ciò che questa è, di come funziona e se piacerà o meno. Questo fenomeno noi lo diamo per scontato, sebbene abbia profonde implicazioni. Esso suggerisce la possibilità che gli elementi di ogni adattamento culturale siano latenti in tutti i sistemi culturali, o, almeno, in quelli sani. Per un maximum di flessibilità, le sottoparti di un sistema conservano ciascuna la potenzialità di tutti i comportamenti possibili che potrebbero fluire da qualsiasi parte del sistema. Per esempio, parecchie culture hanno stabilito giorni particolari (La Festa dei Matti, il Mardi Gras) durante i
quali si accantonano le regole consuetudinarie della società. E non si violano soltanto le restrizioni sessuali, ma anche le regole che governano lo status e la deferenza. Coloro che hanno posizioni d'autorità vengono derisi, i padroni servono i servi, il più infimo viene proclamato per un giorno rè o regina: tutte le regole vengono messe sottosopra. Queste consuetudini dovrebbero essere considerate una mera vacanza dalle costrizioni sociali quotidiane. Spesso le convenzioni che circondano le consuetudini capovolte sono tanto elaborate e costrittive quanto quelle quotidiane. Ciò che questi festivals effettuano è di mantenere viva la capacità di utilizzare quei muscoli sociali e comportamentali che non vengono generalmente esercitati. Il mite prova l'arroganza, l'arrogante la mitezza, e così via. Viene mantenuta viva la conoscenza del comportamento opposto al proprio ruolo sociale normale. Le complementarietà e le specializzazioni ordinarie vengono trascese e l'agevolazione della possibilità di riadattare i ruoli sociali diventa, così, quanto mai necessaria. Come le mutazioni, questi costumi determinano una barriera contro il cambiamento e, di conseguenza, sono molto meno dannosi e frivoli di quanto appaiano a prima vista. Essi servono anche a ridurre quella che Bateson chiama «scismogenesi», cioè la progressiva differenziazione di una società in sottogruppi alienati, con un concomitante assottigliamento della personalità dei loro membri.
Queste feste sono semplicemente uno dei tanti meccanismi attraversoi quali le culture aumentano la loro potenzialità di variazione. Sembra che le società tesaurizzino i loro possedimenti culturali come se sapessero che uno di essi potrebbe, un giorno, riuscire di nuovo utile. La mitologia e il folklore, per esempio, sono pieni di schemi culturali superati, ma mantenuti vivi dalla drammatizzazione. Le università, quando le discipline classiche le dominavano, svolsero anch'esse il ruolo di soffitta culturale. I giovani imparavano molto perdendosi in cose inutili e giocando. Sfortunatamente, gli adulti tendono sempre ad entrare in questo tipo di attività, timorosi che i figli imparino troppo e troppo presto (proprio come, talvolta, avevano fatto essi stessi nella soffitta familiare).
Essi pongono sbarramenti e tentano di costringerli a raggruppare l'informazione disponibile in maniera familiare e tradizionale. Ciò è stato maggiormente esagerato, dacché le scienze naturali e sociali sono entrate in ascesa, col trasformare le università in scuole professionali. I dipartimenti accademici e le scuole professionali sono per l'istruzione ciò che la Little League è per il gioco. Questa tensione fra bisogno di limitare ed incanalare l'informazione e bisogno di mantenere aperta l'opzione è fondamentale per tutti i sistemi sociali. È la stessa tensione che determina la dinamica del profeta e che viene alla ribalta, come fa notare Bateson, anche a livello biologico. Nella regione selvaggia, la popolazione di una data specie "funziona come deposito di possibilità genotipiche". Gli agricoltori e gli allevatori, però, come i professori, cercano di limitare il numero di tali possibilità, in modo da garantire un prodotto uniforme e prevedibile nelle loro specie addomesticate. Bateson, seguendo il biologo Simmonds, sottolinea la necessità di mantenere questo deposito di variabilità, favorendo zone estranee di popolazioni non selezionate. Tali zone, progettate per controbilanciare l'effetto, in definitiva, debilitante dell'allevamento deliberatamente selettivo, servirebbero proprio allo stesso scopo degli ambienti universitari di libero apprendimento, in cui gli studenti non hanno bisogno di passare attraverso una gerarchia meccanica preordinata di stadi d'apprendimento, a partire da quello «elementare» per arrivare a quello «avanzato». Gli allevatori e i professori cercano di limitare il quantitativo di informazione che entra nel sistema: l'allevatore per paura che compaia un animale con una testa troppo grossa o insufficientemente appuntita, il professore per paura che uno studente assimili un'idea prima di essere «pronto» ad essa. Ciò è, sì, necessario per garantire il controllo e massimizzare la produzione lungo linee comprese, però distrugge progressivamente la possibilità di modificare. Anche Toffler, nel suo perseguimento a capofitto del futuro di ieri, lo ammette, ed è favorevole alla protezione di «comunità a lenta andatura», come forze di «assicurazione mentale e sociale», nel caso che la società più ampia
commetta qualche errore catastrofico. Abbastanza stranamente, la stessa libera scelta può essere un principio che limita l'informazione, come ho osservato precedentemente in rapporto ai matrimoni combinati. Dacché la motivazione personale, come variabile, è sempre presente, la rimozione di tutte le altri basi di selezione significa che il sistema verrebbe deprivato di un gran numero di riadattamenti atti a trovare cose valutabili ed apprezzabili non cercate.

Continua >>>>>